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Teatrionline > Blog > Prosa > “Delirio a due” di Eugène Ionesco
Prosa

“Delirio a due” di Eugène Ionesco

Giosetta Guerra
Ultima modifica: 23 Gennaio 2016 21:29
Giosetta Guerra
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fotoÈ un onore per il Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo essere stato scelto per inaugurare la stagione provinciale di prosa e spettacoli “Teatri d’Autore”, organizzata e coordinata dall’AMAT col supporto finanziario e logistico di tutti i Comuni della provincia di Pesaro Urbino in possesso di un teatro.

Ovviamente è stata anche l’inaugurazione della stagione di prosa del Teatro Tiberini, che prevede altri tre spettacoli del progetto AMAT e altri di compagnie amatoriali.
Lo spettacolo allestito la sera del 20 gennaio 2016 era Delirio a due, un’opera minore di Eugène Ionesco, drammaturgo e saggista francese di origini romene vissuto dal 1909 al 1994, nonché massimo esponente del teatro dell’assurdo, le cui opere più note sono La cantatrice calva, Le sedie e Il rinoceronte.

Quella di Ionesco è una nuova drammaturgia fondata sulla difficoltà della comunicazione, la parola si disarticola, la gestualità è spinta e quasi priva di senso come gli argomenti delle pseudo conversazioni, il presente si popola dei fantasmi del passato e quindi perde di consistenza.

fotoIn Delirio a due una coppia di mezza età vive una situazione complessa e conflittuale senza soluzione, perché i coniugi, pur condividendo la quotidianità, vivono una situazione di solitudine, ognuno in un suo mondo onirico impenetrabile, dove riaffiora un passato rifiutato che nel ricordo risulta migliore di un presente banale, sciatto e privo di certezze, e dove il linguaggio, invece di essere strumento di comunicazione, è un ostacolo insormontabile.

L’illogicità dei loro battibecchi giunge al paradosso, le loro illusioni sono patetiche, i cambiamenti d’umore irrazionali, i gesti meccanici e ripetitivi sfiorano l’ossessione, la disquisizione maniacale su temi senza importanza intrappola i due in un circolo vizioso, in un buco nero dove l’unico elemento raggiungibile è l’incomprensione, da cui scaturisce l’angoscia. Siamo nel teatro dell’assurdo, che porta in scena l’assurdo della vita di relazione. Pensandoci bene, non siamo tanto lontani dalla realtà.

Ciò che riporta i due coniugi al presente è la concretezza di ciò che accade al di fuori di quella casa, la guerra.
I rumori esterni, i bagliori delle bombe, la polvere delle granate che esplodono li riempiono di paura, ma il fatto di non essere stati vittime di un tale sconvolgimento dà loro una certa sicurezza.

L’esistenza è vacua, ma c’è.

Non è facile mettere in scena un testo simile, i cui due soli personaggi non hanno neanche un nome, senza il supporto di una scenografia o di una serie di proiezioni per definire gli ambienti, anche se è vero che dove regna l’assurdo nulla può essere definibile.
In un teatro piccolo come il Tiberini sta quindi alla bravura degli artisti e del light desiner tener desta l’attenzione degli spettatori.
Gli attori Elena Bucci e Marco Sgrosso, che hanno curato anche la regia, i costumi e l’essenziale scenografia, sono stati all’altezza del compito.
fotoLa recitazione logorroica e le movenze compulsive di Elena Bucci disegnano una lei isterica, sognatrice, problematica, puntigliosa, fragile; la gestualità più compassata, l’abbondanza di eloquio più o meno razionale e a volte sopra le righe di Marco Sgrosso delineano un lui più concreto ma non privo di esaltazioni, intolleranze e impennate virtuali.

I due, insieme, riescono a vivacizzare un testo non proprio leggero, che richiede un briciolo di preparazione da parte degli spettatori.
E il pubblico era preparato, perché i sessanta liceali presenti avevano studiato il testo a scuola coi loro docenti e avevano avuto un incontro con gli artisti nel pomeriggio.

Gli altri spettatori erano veramente pochi.

Un ruolo importante è stato giocato da Loredana Oddone, che ha differenziato i vari quadri con suggestivi giochi di luci e ombre, fino ad una scintillante esplosione di bolle luminose.

Raffaele Bassetti ha portato in scena i suoni e le musiche del secolo scorso da Mina (Il cielo in una stanza) a Jacques Brel (Ne me quitte pas).

Produzione Le belle Bandiere.

foto

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