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Teatrionline > Blog > Prosa > Babel (e le genti furono parecchio confuse)
Prosa

Babel (e le genti furono parecchio confuse)

Elena Tondo
Ultima modifica: 9 Gennaio 2015 17:24
Elena Tondo
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fotoSono passati poco più di mille giorni dal diluvio universale. I lavori procedono, diretti dal filosofo e dal geometra; ci sarebbe anche il sacerdote, ma dorme ormai da Martedì. La costruzione della torre va avanti, frenetica, ci sono operai e mattoni, recuperati dalla distruzione dell’ultima scuola. Si vuol costruire una torre altissima. Ma cos’è questa torre? L’arrivo di un giovane straniero mette a repentaglio l’ordine e lo svolgimento dei lavori; contemporaneamente alla sua comparsa si presentano dapprima un’inondazione nel settore Ovest, ed un’epidemia di rabbia poco dopo. Egli chiede spiegazioni sulla funzione di questa torre, che tutti chiamano “il grande indice”. (“Forse lo costruite perchè gli uomini dimentichino di esser nel deserto?”). I due responsabili sembrano stupiti, ma la chiamano tutti così, il grande indice puntato verso il cielo, per arrivare a Dio, a celebrarlo o forse a “stuprarlo”. È questa la notizia sconvolgente portata dal giovane straniero: la gente parla ancora di Dio. Gli uffici governativi hanno da tempo abolito la religione, hanno vietato alla gente di parlarne, in una sorta di inquisizione rovesciata. Questo perchè, anche se si vergognano nel dirlo, è già da un po’ che Dio a loro non risponde più, non dà più nessun segnale, se n’è andato… che sia morto? “Se Dio è morto, qualcuno dovrà pur prendere il suo posto”.Eppure la gente ne parla ancora, e ne parla parecchio. Forse ci si è sbagliati, bisogna di nuovo provare a comunicare con l’Eterno… ma “come si faceva a pregare?” L’arrivo dello straniero può forse aiutarli a ricordare, oppure confonde ancor di più le loro idee. Sarà vantaggioso?La rivisitazione di un episodio biblico ricca di elementi moderni ma dall’inquadratura storica che mette in risalto varie dinamiche sociali.Il perno di questa struttura è l’ambivalenza dell’enorme peso della religione sulla società, che si riflette in diversi modi sullo specchio deformato del corso della storia. In questa scena ci sono tre protagonisti: l’uomo, la religione e la bestia.Si parla di Dio e della sua morte, del suo ritorno ma non della resurrezione, si parla dell’uomo, della sua accidiosa vanità e della sua fragilità, in un quadro in cui la crisi dei valori non ha portato alla creazione di nuovi. L’influenza della religione nella dimensione storico-culturale di un popolo e l’utilizzo di essa al fine del controllo sociale fa emergere, d’altra parte, l’importanza della fede a livello personale come momento di intimità e mantenimento della tradizione. Questi elementi (la religione, le tradizioni, la politica, e in generale il vivere comune) sono da secoli considerati frutto di ciò che distingue l’uomo dalla bestia; ma bisogna stare attenti, Dio può, con un suo bacio, contagiare la rabbia. La regia, curata da Lucia Menegazzo, è essenziale ma espressiva ed immediata; i dialoghi di Sara Meneghetti, insieme alle musiche di Stefano Soardo, accompagnano sulla scena un cast di giovani attori: Lorenzo Frediani, Gabriele Scarpino, Giuseppe Scoditti.

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