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Interno Bernhard: la zona limbo tra teatro e realtà

Lavinia Laura Morisco
Ultima modifica: 31 Gennaio 2024 18:35
Lavinia Laura Morisco
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Interno Bernhard. Piccolo Teatro
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Interno Bernhard

Minetti. Ritratto di un artista da vecchio.

Interno Bernhard con la regia di Andrea Baracco porta in scena il testo del drammaturgo Thomas Bernhard  “Minetti. Ritratto di un artista da vecchio”, un testo scritto per rendere omaggio al grande attore berlinese Bernhard Minetti (1905-1998), attore di grande successo che per diversi anni ha recitato i testi di Bernhard autore. In scena dal 23 al 28 gennaio 2024 al Teatro Strehler. Replica del 28 gennaio.

Come dentro una tela del pittore James Ensor che prende vita su un palco-quadro, Bernhard Minetti (Glauco Mauri), l’attore feticcio di Thomas Bernhard, aspetta qualcuno che non arriverai mai.

É la notte di San Silvestro e dentro la hall di un hotel di Ostenda, un concierge e una donna ubriaca vestita di rosso, sono spettatori inetti e passivi del dramma di un uomo (Minetti) e del suo graduale distacco dalla realtà. Per 30 anni Minetti ha interpretato il ruolo di Re Lear di Shakespeare, l’unico testo classico che ha a cuore, perchè Minetti prova disgusto per i classici. Dopo 30 anni viene invitato di nuovo dal direttore artistico del teatro per rappresentare ancora una volta il Re Lear. Questa sarà l’occasione per indossare la maschera che Ensor ha creato apposta per lui – “la cosa più preziosa che io possegga” – dice. Il tempo dell’attesa dell’appuntamento con il direttore artistico sarà sempre più rarefatto e indefinito, come potrebbe accadere in una pièce di beckettiana memoria.

La regia di Andrea Baracco, fedele al testo di Thomas Bernhard, punta molto alla resa dell’impatto emotivo del testo, creando un buon connubio con la toccante interpretazione di Glauco Mauri e con le scelte di scena.

Un nostalgico incubo

Interno Bernhard. Minetti. Ritratto di un artista da vecchio è un nostalgico incubo, è un vicolo cieco – zona limbo tra arte e vita –  è scegliere tra essere o non essere, essere Lear – anagramma di  Real – o appunto essere reale e esistere, appartenendo a un mondo di ottusità, equivoci e menzogne. “Un mondo di equivoci non può non rendere folle uno come me” e ancora aggiunge  “il mondo va turbato” dice Minetti nel testo di Bernhard – fautore di un teatro lontano dal concetto di leggerezza e di puro intrattenimento. C’è una profonda critica al Teatro e al rapporto con gli addetti ai lavori, ma dice “il peggior nemico dell’attore è il suo pubblico”. Alla critica si unisce però il suo forte legame con il teatro di cui vuole ritrovare la consistenza spirituale, imponendo all’ottusità la forza dello spirito.

I tre livelli della scena

Su questa osservazione si colloca al meglio lo studio della scena (di Marta Crisolini Malatesta), che comprende tre parti: il proscenio del Teatro Strehler, i suoi attori e il pubblico (noi); la hall-palco con il suo attore (Minetti-Glauco) e il suo pubblico passivo osservante e quasi muto (il concierge, la donna vestita di rosso e una giovane donna che a sua volta attende quasi infinitamente qualcuno); lo spazio del backdrop reso mobile da un secondo sipario che si apre e si chiude: è lo spazio della mente di Minetti e rappresenta il teatro (della mente), un luogo che l’attore da vecchio non riconosce più. É indefinito e vuoto, popolato da comparse non identificabili (allucinazioni?), conigli lynchani antopomorfi in salsa Bernard-Ensor.

Un ritratto poetico

Poetico il ritratto di questo uomo Minetti, che, cerca di aggrapparsi a tutto ciò che gli è rimasto: immaginare di salire sul palco e indossare la maschera di Ensor che è all’interno della sua valigia.

Nell’ultima scena il backdrop cade e dietro il secondo sipario resta solo l’Hotel. Lo spazio della mente (quel Teatro ormai inesistente) si sposta sul proscenio e si trasforma in tempesta ed è proprio qui che si colloca la figura di Minetti: in questo spazio ormai desolato e freddo, trova compimento il rifiuto della realtà, espresso nell’atto di ribellione di togliersi la vita indossando quella brutta maschera dal ghigno amaro.

Lavinia Laura Morisco

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