In scena dal 26 Novembre al 1 Dicembre al Teatro della Pergola
FALSTAFF A WINDSOR di William Shakespeare
In scena dal 26 Novembre al 1 Dicembre al Teatro della Pergola
Arriva al Teatro della Pergola, Falstaff a Windsor di Ugo Chiti, che riscrive e riadatta uno dei più celebri e ricchi personaggi Shakespeariano per Alessandro Benvenuti: Sir John Falstaff. Una riscrittura ispirata e di ampio repiro quella di Falstaff a Windsor, liberamente tratto da Le allegre comari di Windsor e ricostruito sui drammi storici Enrico IV ed Enrico V, quanto sulla figura farsesca nelle Allegre comari di Windsor. Ci si diverte con ironia e comicità, ma alla fine non manca il sorriso amaro e tragico dell’esistenza. In scena anche i bravissimi Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti. Ad arricchire la messinscena le scenografie minimali e stilizzate di Sergio Mariotti, i costumi d’epoca di Giuliana Colzi, le luci che proiettano all’interno di questo mondo reale e fiabesco di Samuele Batistoni, le musiche vero e proprio personaggio etereo in scena di Vanni Cassori. e, dopo i successi di Nero Cardinale e L’Avaro il terzo capitolo di questa trilogia dedicata alla figura dell’antieroe, sempre con la Produzione Arca Azzurra. Falstaff sembro io! Sono io, di fronte al potere del Teatro. Ai tempi di Shakespeare, la Regina chiese che questo personaggio fosse sempre descritto in situazioni farsesche: anche una volta morto, lei voleva che rivivesse in scena perché si divertiva molto a vedere la goffaggine di questo gigione grassone. Ecco, io mi sento un moderno Falstaff, perché nel panorama del teatro italiano, quello ufficiale e più serio, provenendo dal cabaret sono ancora considerato un ragazzo che fa ridere. È un aspetto abbastanza presente nella mia vita e nel mio destino teatrale: nonostante l’amore e il rispetto che sento da parte del pubblico, spesso ancora permane come una sorta di pregiudizio verso chi impara questo mestiere dalla vita di tutti i giorni, nei teatrini e nei luoghi più off, e non dentro un’Accademia. Alla fine, Falstaff stesso di fronte al potere non trova un suo posto, sul palco di Windsor non possono stare “i folletti”: rimane solo l’asprezza di una condanna, come
se l’ordine dovesse espellere questo corpo troppo grande di Falstaff. (Alessandro Benvenuti) Questo Falstaff, su molti punti fedele al testo originale delle Allegre comari di Windsor, ne ripercorre puntualmente gli intrighi farseschi; viene beffato, avvilito e percosso dai complotti e
mistificazioni, masochisticamente tormentato e decaduto dal suo antico ruolo di cavaliere e soldato, personaggio, che sembra perciò e in modo grottesco ancora pretendere il rispetto dovuto all’antico suo ruolo con fare patetico e andando avanti verso il suo destino di punizione con apparente ingenuità e inconcepibile vitalismo. In questo adattamento l’eroe diventa antieroe e viceversa, sembra quasi che nell’ultima parabola del cavaliere ci sia nelle sue gesta la voglia di reagire alla sua stessa fine, all’incrinarsi degli antichi onori, con la sua bonaria arroganza aristocratica, con il suo palpitare plebeo, popolaresco, che riesce a distillare la rabbia in sarcasmo, disarmante e disarmato
da se stesso. Perfino il suo paggio personale Semola, un personaggio che fin dall’inizio ha fiancheggiato Falstaff, in modo servizievole, irridente, si rivela pian piano mutevole, inquietante, doppio, occupando allusivamente la funzione di un giullare, che comicamente si sposta sul palcoscenico con un monopattino di legno, e che ribadisce ancora una volta l’essere buffo e solitario del suo padrone. Doppiezza dello stesso principe Enrico, lontano amico del protagonista, che lo tradisce e bandisce dal consorzio umano. Asprezza e consapevolezza di una condanna che ribadisce come nell’ordine prestabilito del potere non si trovi spazio dove collocare il corpo e lo spirito difforme, incontenibile, irrazionale e magico del cavaliere decaduto Sir John Falstaff. L’umorismo, diceva Totò, è una scienza esatta. Ed è proprio così: la comicità è matematica pura, è musica, con delle sue partiture precise. In questo senso, teoricamente so come preparare la sorpresa per il pubblico, dando la tempistica ad ogni battuta. Quando la gente ride, è come sentirsi dire grazie!, come avere fatto una cortesia regalando qualcosa di bello e di giusto. Mantengo ancora lo stupore verso il fatto che si possa campare e vivere facendo questo mestiere, lavorando con il proprio talento, poco o tanto che sia… L’idea di avere realizzato il mio sogno, essendoci riuscito da solo, attraverso una volontà ferrea e studi su studi autonomi per recuperare il non-studio ufficiale, è qualcosa di formativo e che ti accompagna sempre con umiltà e semplicità. Non
smetto mai di ringraziare il pubblico che mi segue e che sento ridere alle mie battute. (Alessandro Benvenuti) Millantatore, ingenuo, sbruffone, patetico, vorace, sentimentale, vitalista, furfante, ironico, Falstaff è uno dei personaggi più leggendari e iconici creati dal genio assoluto di Shakespeare, enigmatico e complesso al pari di Amleto. La sua ironia sempre confida in un riscatto dei suoi valori
cavallereschi, è una protezione e reazione al suo decadimento, ma anche al deterioramento di una certa idea di onore e giocoso spirito di avventura dell’intera società in cui vive. Preda di intrighi non li fugge, ma vi ci si butta con tutta la sua purezza incantata e il suo vitalismo sognante, alla ricerca del piacere e del sentire autentico, dell’amore conquistato e della vita nel senso più profondo possibile, sempre inarrivabile e chimerica. Il suo essere buffo è una maschera che li permette di essere se stesso nonostante tutto, in un mondo di maschere e travestimenti e sotterfugi, ciò che sembra risibile è l’atto eroico di un anti-eroe, che ricerca e custodisce la gloria nello stesso momento in cui la rifiuta e perde. Nel suo essere illogico, strabordante e inconcepibile è paradossalmente un insegnamento al mondo che non lo comprende e schernisce. Proprio per questo ad un certo punto nell’Enrico IV l’anziano Falstaff esclama: «Bandite il pomposo Jack e bandirai il mondo intero».
Questo spettacolo mi ha fatto volere bene ancora di più a Ugo, perché il tempo l’ha reso più fragile: stiamo invecchiando insieme, confrontandoci ogni giorno sui nostri dubbi. La lucidità di Ugo, però, è sempre insuperabile: le cose che scrive sono giuste, ascoltarlo è qualcosa che ti colpisce, perché non spreca neanche un aggettivo o un pronome. Anche da parte sua ho visto una tenerezza nei miei confronti, considerando un mio fisico non sempre scattante, che necessita magari di una pausa in più… Falstaff a Windsor costituisce la conclusione di una Trilogia portata avanti in gruppo, condita di dolcezza e dal sentimento del tempo teatrale e umano condiviso. Tutto ciò è commovente: questo è il Teatro. (Alessandro Benvenuti)
Falstaff a Windsor, liberamente tratto da Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare
adattamento e regia Ugo Chiti con Alessandro Benvenuti e con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti scene Sergio Mariotti costumi Giuliana Colzi luci Samuele Batistoni musiche Vanni Cassori produzione Arca Azzurra foto Serena Pea