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Teatrionline > Blog > Danza/Balletto > Mummenschanz. Le musiciens du silence
Danza/Balletto

Mummenschanz. Le musiciens du silence

Tania Turnaturi
Ultima modifica: 12 Maggio 2015 16:18
Tania Turnaturi
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Foto di Pierre-Antoine Grisoni

Due enormi mani bianche sollevano il rosso sipario che svela il nero palcoscenico, sul quale iniziano ad animarsi bizzarre figure zoomorfe o grandi oggetti di uso quotidiano, solitamente stabili e funzionali.

Inizia la performance dei creativi Mummenschanz, maschere senza volto il cui corpo totalmente flessuoso dà vita a creature favolistiche e mitiche.

I Mummenschanz sono un gruppo teatrale di mimi, fondato a Parigi nel 1972 dagli svizzeri Andres Bossard e Bernie Schürch con l’italiana Floriana Frassetto, che usano i movimenti corporei per infondere vita agli oggetti dei quali costituiscono lo scheletro che li sorregge.

Questo loro spettacolo chiude la quinta edizione del Festival Internazionale della Danza organizzato dall’Accademia Filarmonica Romana e dal Teatro Olimpico.

Gli artisti sono ormai definiti come “Le musiciens du silence” per la totale assenza di suoni, vocali e musicali, nelle loro esibizioni caratterizzate anche dall’assenza di danza e scenografia.

Tutto è scarno ed essenziale, le figure emergono dal buio, si animano, volteggiano e si dissolvono nel nero di pece delle quinte.

Un enorme polpo bianco e nero fa svettare sinuoso i lunghi tentacoli che abbatte poi sulle tavole del palcoscenico.

Due nere sagome dalle teste cubiche ornate di rotoli di carta igienica, l’una rosa e l’altra azzurra, si corteggiano srotolando i lunghi nastri delle bobine con i quali si avvinghiano.

Altre nere figure tracciano le loro teste con forme di animali fantastici od orrifici con flessibili tubi colorati. Altre ancora incollano e modellano in modo imprevedibile un materiale elastico sulle loro nere cuffie assumendo sembianze aggraziate o inverosimili effettuando continue manipolazioni, fino a sfaldarsi nella materia informe.

Scatole di cartone si aprono e si muovono come astratte silhouette umane; un tubo flessibile gigante si contorce nel tentativo di attirare una lampadina per ricomporre la sua unità; un bidone si apre per accogliere la spazzatura, svolgendo diligentemente la sua funzione; due fiori si librano leggiadri e iridescenti. Materiali di scarto irrompono e tornano a vivere, ancora umilmente utili: sacchetti di plastica, fili di ferro, pezzi di tessuto.

Creazioni buffe e astratte, zoomorfe e umanoidi, informi e realistiche, suscitano la meraviglia del pubblico di tutte le età, dai bambini ai centenari, affascinati dal linguaggio poetico e visionario che evoca il gioco attraverso la meraviglia, affinato in anni di studio e sperimentazione.

Storie raccontate per immagini utilizzando il linguaggio non verbale del corpo e rese comprensibili a tutti, prive della mediazione sonora, da Philipp Egli, Giovanni Colombo, Floriana Frassetto, Raffaella Mattioli e Pietro Montandon. Direttori tecnici Dino De Maio ed Eric Sauge.

Uno spettacolo incantevole, pur con qualche lentezza.

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