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Teatro dell’Opera di Roma, “Il Trovatore” di Mariani al Circo Massimo

Fabiana Raponi
Ultima modifica: 30 Giugno 2021 10:36
Fabiana Raponi
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Era il 2017 quando Il Trovatore di Verdi in un nuovo allestimento firmato da Alex Ollè de La Fura dels Baus debuttava sul palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma e a distanza di quattro anni, la passionale e romanzesca opera verdiana è stata scelta per inaugurare la stagione estiva del teatro capitolino che si colloca per il secondo anno di seguito negli spazi archeologici del Circo Massimo.

Una scelta non causale dato che sul podio c’è il maestro Daniele Gatti con la sua orchestra (in carica come direttore musicale fino al 2022, poi sostituito da Michele Mariotti) che conclude la sua trilogia verdiana al Teatro romano dopo il Rigoletto e La Traviata televisiva di pochi mesi fa. La regia viene affidata all’estro creativo del regista italo americano Lorenzo Mariani, habitué della stagione estiva del Teatro romano che si mantiene a metà strada fra la tradizione e un’impostazione di carattere concettuale.

“Ho scelto di seguire una linea metafisica, con un’atmosfera immateriale, onirica, misteriosa – spiega il regista – Mi affido a una costante di elementi geometrici, antinaturalistici, a partire naturalmente dalle proporzioni del triangolo, perfette per un’opera in cui Verdi sa trasformare gli archetipi in passione viva”.

Una lettura essenziale (se non tendenzialmente tradizionale che strizza l’occhio al popolare), giocata sul contrasto netto per un’opera passionale dove non mancano odio e lussuria: al centro, in triangolo amoroso che si consuma fra due uomini diversi, anche per estrazione sociale, il Conte di Luna e Manrico (che ignorano fino alla fine di essere fratelli) e che sono innamorati della stessa donna, Leonora. Su di loro incombe la vendetta della zingara Azucena.

“Per me è essenziale rimanere in un contesto immateriale – prosegue Mariani – un mondo onirico che potremmo accostare al distillato visivo del Settimo sigillo di Bergman o l’Aleksandr Nevskij di Ejzenstein”.

Lo schermo (con i video curati da Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii) non viene utilizzato per inquadrare i personaggi (evitando il rischio dichiarato dal regista di distrarre lo spettatore attraverso un duplice piano narrativo) lascia visualizzare atmosfere oniriche che si concentrano sul cielo che cambi via via davanti agli spettatori: Mariani sfrutta proprio il cielo sullo schermo (sempre oscuro e minaccioso, ora syqrciato da fulmini o fiamme) per assecondare e suggerire i repentini cambi drammaturgici e lavora soprattutto sulla geometrizzazione degli spazi. La scena è disposta lungo una grande scalinata in legno prospiciente il pubblico con pochi oggetti essenziali continuando a suggerire un clima di irreale sospensione e consentendo anche di mantenere senza dare troppo nell’occhio le necessarie distanze sanitarie imposte in scena. Leit motiv della scenografia, un candelabro acceso che ciascun personaggio porta in mano quasi voler far luce sulla vicenda “come abitasse in un racconto gotico”. Restano i costumi (e le scene) di William Orlandi tutti in total black: costumi d’epoca, ma minimali, per le donne a restituire il tocco di storicità all’opera, lunghi trench per gli uomini e tocchi di colore, bianco (per il Conte di Luna), o rosso (un po’ prevedibile per gli zingari e per Azucena) o elementi preziosi come la collana scintillante di Leonora. Sempre più brava la palermitana Roberta Mantegna, classe 1988, “creatura” dell’Opera nata artisticamente con il progetto Fabbrica (frequentato nel 2016 e 2017) nel ruolo di Leonora, incantevole nelle celestiali arie del personaggio, eccellente Fabio Sartori nel ruolo di Manrico, scenicamente impeccabile Christopher Maltman nel ruolo del Conte di Luna, molto applaudita l’Azucena di Clémentine Margaine, vibrante e carica di pathos. Nel cast anche Marco Spotti (Ferrando), Marianna Mappa e Domingo Pellicola, due giovani talenti dell’edizione in corso di “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma, che interpretano rispettivamente i ruoli di Ines e Ruiz. Maestro dell’ottimo Coro è Roberto Gabbiani.

“Con Il trovatore completo il mio viaggio nella trilogia popolare verdiana insieme all’Opera di Roma, tutto realizzato durante il periodo della pandemia, e fortemente caratterizzato dalle necessità imposte da questo nostro tempo – dichiara il maestro Gatti – Ho diretto Il trovatore solo un’altra volta, al Festival di Salisburgo nel 2014. Con piacere quindi mi riavvicino a un’opera tra le più musicalmente ispirate della produzione centrale di Giuseppe Verdi, e che proprio per questo è anche tra le più amate da parte del pubblico”.

Rigorosa, quasi distillata, asciuttissima la direzione di Gatti che anche in questo Verdi (con amplificazione) ricco di celeberrime arie elimina tutti gli eccessi lasciando spazio alle voci dei protagonisti per proporre una lettura totalmente inedita di questo Trovatore, il più passionale della trilogia popolare. Ultime repliche in scena domenica 4 e martedì 6 luglio sempre alle ore 21. I biglietti per la stagione estiva 2021 al Circo Massimo sono in vendita presso la biglietteria e sul sito del Teatro dell’Opera di Roma. Per informazioni: operaroma.it.

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