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Teatrionline > Blog > Arte/Cultura > “Facciamo in fretta o perderemo il treno della Pac agricola”
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“Facciamo in fretta o perderemo il treno della Pac agricola”

Redazione2
Ultima modifica: 9 Novembre 2021 15:56
Redazione2
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Incentivi economici, sostegni e maggiori tutele: li chiedono al Governo i rappresentanti dei 27 siti iscritti al Registro dei Paesaggi Rurali Storici Italiani. A febbraio 2022 l’associazione.
Martina (Fao), “Produrre meglio, consumare meno: il cambiamento climatico ci impone nuova via”

 

Firenze, 9 novembre 2021 – Salvare i territori più preziosi e delicati del nostro ecosistema, incentivare le colture che producono alimenti di qualità e assorbono più CO2 di un bosco, proteggere i paesaggi che creano valore economico e, soprattutto, sostenere coloro che con un lavoro di cura e manutenzione proteggono tutti dal dissesto idrogeologico. Per i 27 siti italiani, iscritti nel Registro dei Paesaggi Rurali Storici e provenienti da tutta Italia, è arrivato il momento di farsi sentire. Per questo, al termine del primo Congresso nazionale, che si è svolto a Firenze dal 5 al 7 novembre, la strada da percorrere è stata tracciata e messa nero su bianco con la firma di un documento congiunto.

 

Entro febbraio 2022 nascerà l’Associazione dei Paesaggi Rurali Storici Italiani. Un nuovo organismo che si porrà come interlocutore istituzionale del governo nazionale e di quello europeo. “L’obiettivo è fare pressing politico in una fase strategica per l’agricoltura italiana”, spiega Mauro Agnoletti, professore della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze e coordinatore del Comitato organizzatore del convegno. “Entro fine anno – prosegue – il Ministero delle Politiche Agricole  si è posto l’obiettivo di strutturare una bozza del nuovo piano nazionale di sviluppo rurale in vista  della nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria). Quindi, è il momento giusto per porre attenzione sui paesaggi rurali storici o se ne riparlerà tra sette anni. E allora potrebbe essere già troppo tardi”.

 

Basta fare un rapido calcolo. In Italia, i terreni agricoli vengono abbandonati al ritmo di 70mila ettari all’anno. Dal Dopoguerra a oggi sono scomparsi 10 milioni di ettari di terreni coltivati: un terzo dell’Italia. Di questo passo il volto del Bel Paese è destinato a trasformarsi rapidamente con conseguenze catastrofiche. A questo si aggiungono altri temi importanti, come la questione dell’invecchiamento degli agricoltori e il conseguente depauperamento delle conoscenze e dei saperi tradizionali.

 

“Occorre fare in fretta, agire subito, perché non abbiamo più tempo a disposizione”, ribadisce Agnoletti. “Chiederemo sostegni economici per il riconoscimento del lavoro di manutenzione dei paesaggi da parte degli agricoltori che svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista ambientale e di servizio alla societa, favorendo i giovani nell’avviare una nuova attività agricola. Chiederemo anche maggiori tutele per non compromettere il valore economico di queste aree. Ma soprattutto non smetteremo mai di ripetere che questi sistemi agricoli, svolgono una funzione ambientale fondamentale, riducendo i disastri idrogeologici sempre più frequenti perché connessi alla mancata manutenzione del territorio”.

 

Durante la tre giorni fiorentina, organizzata dallo spin off Horizons dell’Università di Firenze, start up che si occupa della valorizzazione e del ripristino del paesaggio rurale e con il patrocinio del MIPAAF che tramite l’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale gestisce il Registro Nazionale del Paesaggi Rurali Storici, i 27 paesaggi si sono raccontati.

 

Davanti a una platea composta da rappresentanti del Governo, della Conferenza Stato-Regioni, della FAO, dell’Unesco e delle associazioni di categoria, i delegati hanno testimoniato le proprie esperienze territoriali in fatto di agricoltura resiliente e di produzioni di qualità associate ai paesaggi storici. Dal giardino pantesco, recinto circolare costruito in pietra a secco per proteggere le piante di agrumi dai venti sull’Isola di Pantelleria, ai limoneti di Amalfi, fino agli oliveti di Vallecorsa, nel Lazio, immortalati nel film “La Ciociara”. Dai vigneti eroici della Valtellina, caratterizzati da muretti a secco con uno sviluppo lineare che supera i 2.500 km, agli olivi plurisecolari della Puglia, i cui esemplari più antichi hanno compiuto 2500 anni di età. Dagli oliveti di Venafro, nel Molise, in uno scenario caratterizzato da pascoli e montagne rocciose, dove sono ancora presenti mura ciclopiche di epoca romana, ai paesaggi silvo-pastorali di Moscheta, in Toscana, con castagneti di 300 anni che si sviluppano intorno a un’abbazia dell’anno 1037. Ma anche le colline di Conegliano Valdobbiadene, ovvero il paesaggio del Prosecco, recentemente iscritto tra i beni UNESCO, e i vigneti di Lamole, patria del Sangiovese nel Chianti, che a 7 anni dall’iscrizione nel Registro dei Paesaggi Rurali Storici ha visto crescere notevolmente il valore di mercato dei suoi vini, oltre ad essere sede di ricerche scientifiche internazionali per comprendere il ruolo dei terrazzamenti per la qualità del vino.

 

“Il cambiamento climatico ci pone un grande tema: identificare una nuova via che riesca ad essere più equilibrata possibile, sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale, oltre che ambientale” ha concluso, durante l’ultima giornata del congresso, il vicedirettore generale della FAO, Maurizio Martina. “La via sta nella valorizzazione effettiva della ruralità e delle culture agricole e alimentari. Per produrre meglio, consumando meno”.

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