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Teatrionline > Blog > Recensioni/Articoli > OH SCUSA DORMIVI di Jane Birkin (Solari-Vanzi)
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OH SCUSA DORMIVI di Jane Birkin (Solari-Vanzi)

Paolo Verlengia
Ultima modifica: 18 Ottobre 2023 08:34
Paolo Verlengia
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OH SCUSA DORMIVI di Jane Birkin (Solari-Vanzi)
Andato in scena il 14 e 15 ottobre al Florian Espace (Pescara)

Alessandra Vanzi e Marco Solari, protagonisti e sodali della Post-Avanguardia teatrale italiana, tornano insieme per un progetto doppiamente sfidante: la messinscena di un testo schiettamente “di parola”, scritto negli anni ’90 da Jane Birkin, icona di pellicole di culto e interprete originale della canzone d’autore francese, ma ben poco conosciuta come autrice e drammaturga. Una autentica prima nazionale quella presentata sul palco del Florian Espace, che apre ufficialmente la stagione 2023 di Florian Metateatro.
Il testo di Jane Birkin pone un primo quesito alla messinscena: come rappresentare o rendere visivamente l’ambientazione? Ed ancor prima, qual è l’ambientazione effettiva della pièce?
C’è la camera da letto, lo spazio di una intimità intrisa e lisa dagli anni vissuti insieme, non sempre condivisi, inevitabilmente. E poi c’è la notte, dimensione temporale del bivio: del serafico abbandono corporeo oppure del dubbio, del pensiero che non vuol cedere, che cigola nel silenzio assordante, che tormenta.
Il teatro contemporaneo ben conosce questo territorio drammaturgico che magnetizza l’io verso l’estremo: il pensiero vola veloce a Sarah Kane, ma è soltanto un attimo. Quando Jane Birkin scrive “OH SCUSA DORMIVI” è una donna matura, ha conosciuto la fama, lo scandalo, il dolore. Ha da tempo svestito la maschera dell’icona sensuale, ha iniziato a diradare le sue uscite pubbliche. Il teatro è per lei un viaggio di ritorno (debutta giovanissima nel musical londinese, seguendo le orme della madre), l’apertura di uno
scrigno temporale che le offre ora un linguaggio ben preciso: un rapporto diretto ed intimo con un pubblico raccolto a cui affidare non un esperimento, non un divertissement ma la voce di un’urgenza personale.
L’allestimento scelto da Vanzi e Solari sembra recepire questo insieme di fattori: lavorando sulla misura dell’essenziale, predispone la recitazione ad una sospensione ovattata. E questo produce un effetto sorprendente: la materia del testo di Birkin si amplifica, la tramatura realistica del dialogo tracima oltre il limite della situazione particolare, eppure non lo annulla del tutto. Il “total white” della scena non realizza un imbelle candore né una amorfa universalità. Riesce invece a risaltare la figura asimmetrica di questa coppia, la complementarità di questa donna e del suo uomo, la loro differenza e la loro distanza, ma lo fa senza ricorrere al pathos, alla recitazione “sensazionalista”.
Il doppio bianco di palco e fondale funge sì, in qualche passaggio, da sfondo per un quadro pregevole di posture bisimensionali, ma l’effetto più duraturo è di tipo diverso, non semplicemente estetico: quello di un rimescolamento delle dimensioni spaziali e dunque una forma di straniamento. La verticalità dei due corpi appare una proiezione soltanto apparente, un’illusione ottica che traforma la reale plasticità di un giacere orizzontale, come quando si è inermi, ora, come quando si era innocenti, un tempo, una vita fa.
Qui interviene anche la struttura per quadri della pièce, separati da transizioni di buio nell’assenza di qualsivoglia commento musicale, ma il compimento ultimo del progetto giunge attraverso la dotazione più naturale dello spettacolo, ovvero la cifra contrappuntistica dei due attori: la gestualità rarefatta, frammentata di Marco Solari, sospinta su passi impalpabili, e l’istintività di Alessandra Vanzi, la sua corporeità rivendicata, la linea centrifuga del suo movimento fino a guadagnare poi invece il centro,
l’orizzontalità ristabilita.
Il testo di Jane Birkin concede momenti di assolo, ora a lei ora a lui, ma si compone prevalentemente di un dialogo dal ritmo serrato, dove humour leggero e rimpianto dolente si tengono, fondendosi sempre più indissolubilmente, fino alla soglia di un finale sospeso, come in attesa davanti ad una porta socchiusa o un orizzonte bianco.

Paolo Verlengia

CREDITS
“Oh scusa dormivi” di Jane Birkin
uno spettacolo di Alessandra Vanzi e Marco Solari
con la collaborazione artistica di Gustavo Frigerio
Foto di scena di Ionela Mimiteh
Florian Metateatro Stagione 2023-24, Rassegna”Teatro d’Autore ed altri Linguaggi”

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