Al Teatro Quirino di Roma fino al 19 gennaio 2025
ll momento non potrebbe essere migliore per far rivivere il capolavoro meno visto di Jean Cocteau, Les Parents terribles: una storia di emozioni instabili in una famiglia a tratti comica, caotica e ossessiva. La situazione del ventiduenne squattrinato Michel, che vive nell’appartamento dei genitori sotto l’influenza della madre Yvonne, ultra-possessiva, dovrebbe essere in sintonia con il pubblico in un’epoca in cui molti giovani adulti vivono con i genitori piuttosto che con un coniuge o un partner. Ciò che rende lo spettacolo così emozionante è la rapidità e l’incisività con cui Cocteau porta tutto all’estremo per descrivere il tortuoso percorso di emancipazione di un ragazzo da una madre morbosamente gelosa.
Filippo Dini, interprete e regista dello spettacolo andato in scena al Teatro Quirino, ha colto il punto chiave: questa opera del 1938 di Jean Cocteau è, nell’arguta traduzione di Monica Capuani, più una farsa edipica che una tragedia.
Yvonne è una drammatica Giocasta da boulevard, mentre suo marito, George, è un uomo confuso e incline all’autocommiserazione. I problemi sorgono però quando il loro figlio, Michael, che si compiace del suo stato di adolescenza arrestata, si innamora di una giovane rilegatrice, Madeleine, la quale è ignara di essere anche l’amante di suo padre. Mentre le complicazioni aumentano a dismisura, la sorella di Yvonne, la zia Léonie, ex amante abbandonata di George, gestisce davvero le cose in casa ed è la sola a mantenere un’esistenza ordinata.
Questo trio di amanti del piacere è così manipolatore che persino la convenzionale bontà della generazione più giovane viene messa in dubbio. Madeleine è veramente influenzata dal suo amore per il suo simpatico sugar daddy e per il figlio, o è un’arraffatrice di denaro che si fa in due?
Questi personaggi sono allo stesso tempo grotteschi e credibili. Filippo Dini cattura il conflitto tra passioni primordiali ed esteriorità educate, lasciando libero sfogo al suo cast di prim’ordine e temperando l’energia irrequieta degli attori con una superba scenografia rotante a due livelli ideata da Maria Spazzi, in perfetto stile minimal-glam e i costumi, molto indovinati, di Katrina Vukcevic.
Nei panni della incestuosa Yvonne, che abbraccia le pareti e si scaglia contro gli ignari mobili con un fervore che persino Bette Davis avrebbe potuto invidiare, Mariangela Granelli dà una grande prova di esuberanza e follia umorale, passando in un attimo da frizzante, a disperata, a narcisista. Il ruolo di Michael di Cosimo Grilli, il figlio tormentato e dominato dalla madre, la eguaglia in vivacità, mentre la sorella passivo-aggressiva Léonie (Milvia Marigliano) e l’adultero marito George (Filippo Dini) la eguagliano in ambiguità e spregiudicatezza. Il melodramma raramente è stato così bello.
Una tragicommedia vaudevilliana in cui assistiamo alla perversione e alla inettitudine di questa famiglia come esempio surreale di ciò che può accadere ovunque e ogni volta che un clan crolla al suo interno. Il risultato è un sogno da svegli, anzi un “incubo comico da svegli”, in cui il divertimento è assicurato.
Roberta Daniele