
«L’ultima tragedia di Shakepeare, è sicuramente l’opera più politica e una delle meno rappresentate del Bardo», recita l’introduzione del Teatro Astra di Torino sul programma della stagione corrente. Probabilmente, aver portato in scena un testo così poco noto e averne marcato l’anima politica è la ragione per cui, almeno in parte, lo spettacolo pensato e diretto da Marco Plini dividerà le opinioni di pubblico e critica.
L’ultima tragedia di Shakespeare è in realtà una tragedia nota, stagliata all’interno della cornice della rivolta popolare contro chi detiene il potere (rappresentato in egual modo dal Senato Romano, dall’Inghilterra Elisabettiana o dai monopoli digitali). Una tragedia abbastanza nota da rendere ovvia la modernizzazione del contesto scenico, con costumi presi di peso dai guardaroba manageriali dei “potenti” contemporanei.
Meno ovvia la grande intuizione registica di Plini che pone al centro della rivolta la platea stessa, coinvolgendo gli spettatori nelle accuse gridate da un Caio Marzio Coriolano (Marco Maccieri) che afferma di esser stato tradito dal popolo. Dal momento che il testo non passa dal setaccio dell’attualizzazione, tuttavia, ne risulta un pastiche anacronistico, elegantemente portato in scena dagli attori che accompagnano Maccieri (Luca Cattani, Cecilia Di Donato, Luca Mammoli, Marco Merzi, Valeria Perdonò): un effetto straniante incrementato dalla partecipazione passiva del pubblico – le cui opinioni vengono strappate dai loro pensiero proiettandone i volti sullo schermo oltre il palcoscenico – e dal suo attivo coinvolgimento – affidando a qualche spettatore brevi battute di accusa nei confronti di Coriolano.
Non stupisce che tra i commenti carpiti a fine spettacolo le voci discordanti del pubblico commentino a sfavore di una regia coraggiosa, distanziatasi ben oltre il limite convenzionale della tragedia shakespeariana. Una tragedia nota: il voto coatto del pubblico che prima proclama console il protagonista, poi pentito ne determina l’esilio rappresenta la sfiducia di Shakespeare nei confronti della democrazia, un punto di vista che Marco Plini riferisce provocatoriamente al contesto odierno, dominato dallo spettro di un’ambigua promessa di democrazia diretta e digitale.
Entro una prospettiva critica, il Coriolano di Plini non può che meritare un plauso, per la sua efficace contestualizzazione del potere assoluto all’epoca delle comunicazioni di massa e del peso sempre maggiore degli utenti comuni. Al tempo stesso, il pubblico potrebbe non apprezzare appieno la produzione del Centro Teatrale MaMiMò: se Coriolano rimane uno dei testi meno noti del Bardo il motivo è forse da ricercarsi nei ben pochi riscontri storici della dolorosa presa di responsabilità politica collettiva che vi si racconta, rispetto ai tanti esempi delle conseguenze portate quotidianamente all’evidenza dell’opinione pubblica.
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Coriolano
Tratto da William Shakespeare
Adattamento e regia di Marco Plini
Aiuto regia Thea Dellavalle e Angela Ruozzi
con Marco Maccieri, Luca Cattani, Cecilia Di Donato, Luca Mammoli, Marco Merzi, Valeria Perdonò
Disegno luci di Fabio Bozzetta
Costumi di Nuvia Valestri
Video Editing e Live Shooting Samuele Huynh Hong Son
Produzione Centro Teatrale MaMiMò
con il sostegno della Fondazione i Teatri