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Danza/BallettoRecensioni/Articoli

Il dualismo della “Belle et la bète” di Malandain

Emanuela Cassola Soldati
Ultima modifica: 30 Gennaio 2018 13:22
Emanuela Cassola Soldati
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Al Teatro Municipale di Piacenza, ricco di tradizione e innovazione, secondo appuntamento con la danza. La scuola francese del repertorio classico porta in scena la Compagnia del Balletto di Biarritz, guidata sapientemente dal suo direttore e ballerino di lungo corso presso l’Opéra di Parigi, Thierry Malandain.

Sul tema psicanalitico del demone custodito nell’animo umano, e del dualismo tra il bene e il male e la lotta interiore dell’umanità, nel riuscire a domare l’animus malvagio latente, sempre pronto ad emergere e a scaturire in tragedia nella “normale” vita quotidiana, il coreografo Malandain, mette in scena, la Bella e la Bestia, ispirato al film di J.Cocteau.

Il film inizia con la frase…”il était une fois”…C’era una volta…sopra una lavagna di ardesia che compare subito dopo i titoli di testa, in cui si legge il messaggio, che il regista, scrittore, drammaturgo, Jean Cocteau, lancia agli spettatori adulti, a lasciarsi andare alle magiche parole dell’infanzia e dell’ingenuità.

Presentato in concorso alla prima edizione del Festival di Cannes, nel 1946, il film è un capolavoro.

Un viaggio interiore per mostrare come sia difficile distinguere la realtà dalla fantasia. Il tema del racconto, tratta dalla fiaba ideata nel 1757 da Mme Leprince de Beaumont, intona il significato arcaico nel rapportarsi con la diversità, e la paura per tutto ciò che è mostruoso e a cui non siamo educati, al di fuori dei canoni abituali.

Il tema dell’identità (anche sessuale), avviene con lo sdoppiamento della figura della Bestia e dell’innamorato di Belle. L’amore, redime e cura ogni cuore ferito e affranto, tanto da suggerire al coreografo Malandain, di rendere personaggi distinti il Corpo e l’Anima, dall’Artista, in scena, amplificando lo stato d’animo interiore degli stessi.

Una rappresentazione coreografica in un atto unico, poco incline alla metafora Disneyana tanto amata dai bambini; il balletto sulle musiche di P. Cajikovskij, e le arie tratte dalla Patetica, la Valse da Onegin e Hamlet ouverture, scivola sulle note, accompagnando per mano il folto pubblico adulto attento e accorso in teatro e gremito di giovani allieve/i delle scuole di danza cittadine.

Il gioco minimale scenografico di sipari e quinte nere scorrevoli, scandiscono il movimento spazio temporale della narrazione, giocata sui colori dominanti dell’oro e del dualismo tra nero e bianco, nella significante cromatica del male, del bene e della luce divina.

In alchimia, il simbolo dell’oro corrisponde al cuore, come il personaggio dell’Amore, presente tra gli elementi descritti dal coreografo, mentre in psicologia è espressione di sentimenti di bontà, colore prevalente nei costumi di scena.

L’Ensamble del Centre Choreographique National Ballet Biarritz, diretto da Thierry Malandain, composto da 22 danzatori permanenti, mostra una capacità tecnica di formazione accademica classica, duttile alla modernità con cui il coreografo trasforma in linguaggio contemporaneo la struttura del movimento, e in una cifra stilistica di facile lettura.

Foto di Olivier Houeix

La fisicità, di Mickaël Conte, nel ruolo della Bestia, avvolge di tragicità il personaggio e complicità al contempo, per il duplice contrasto di dolore struggente e bellezza d’animo, interpretato con maestria tecnica ed emotiva.

Mentre la fluidità, è il risultato del contrasto delle sfumature del carattere di Belle, interpretata dalla grazia di Irma Hoffren, leggiadra ed ingenua quanto basta, nel contrappunto dei caratteri prevalenti.

Così come l’insieme corale della Compagnia, risulta essere calata perfettamente nei ruoli fantastici ben definiti dai ballerini, nell’incarnazione dei sentimenti nello scorrere narrativo coreografico dell’autore.

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