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GiocaTeatro, o il Festival della scena didattica

Valerio Rupo
Ultima modifica: 11 Aprile 2019 16:38
Valerio Rupo
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GIOCATEATRO
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GIOCATEATRODal 10 al 13 aprile la Casa del Teatro torinese ospita il Festival dedicato agli “addetti ai lavori”: in programma 16 spettacoli, 16 punti di vista sul futuro del teatro come veicolo di insegnamento che possa comunicare una morale senza pedanterie.

Il Festival, organizzato dalla Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani onlus e dalle Compagnie del Progetto Teatro Ragazzi e Giovani Piemonte, con il sostegno del MiBACt, della Regione Piemonte, della Città di Torino, ITER, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT, è riconosciuto dal circuito internazionale EFFE LABEL 2019/2020.

Come ogni anno, con la guida del direttore artistico Graziano Melano la kermesse esplora stato dell’arte e proposte innovative del linguaggio scenico del Teatro Ragazzi, il genere teatrale periferico che spesso ha portato alle più radicali innovazioni nei modi di intendere e “fare teatro” in senso lato.

La prima giornata del Festival esprime in maniera letterale simili premesse, portando in scena spettacoli con il valore aggiunto di una grande varietà di stili e approcci.

———

L’ospite

regia e drammaturgia Daniel Gol

con Alessandra Francolini, Stefano Iagulli, Andrea Maffei

ideazione luci Emiliano Curà

realizzazione scene Andrea Bovaia

produzione Teatro delle Briciole

Benché venga presentato per una fascia d’età molto tenera, lo spettacolo del Teatro delle briciole si tinge di toni cupi, talvolta inquietanti, con un gusto squisitamente surrealista. L’ospite si legge come uno studio sul palcoscenico come luogo condiviso, esplorando il confronto tra i confini individuali/personali in contesti socialmente definiti (come possono esserlo quelli di una coppia convivente) e i confini sociali/culturali che troppo spesso ci si ostina a confondere con i primi.

Lo spettacolo di Daniel Gol, con Alessandra Francolini, Stefano Iagulli e Andrea Maffei, rinuncia a una drammaturgia sofisticata e all’innovazione nel linguaggio scenico, portando sotto i riflettori una corporeità che non ha bisogno di esprimere verbalmente una morale: l’eloquenza dei gesti, da sola, è un canale molto efficace per avanzare un elogio alla diversità.

———

Emanuela Loi

di Eleonora Frida Mino e Roberta Triggiani

con Eleonora Frida Mino

collaborazione alla messa in scena Davide Viano

light design Eleonora Diana

illustrazioni di scena Giulia Salza

realizzazione elementi di scena Valentina Savio e Luca Vergnasco

ideazione finestra scenica Eleonora Diana

liberamente ispirato a Io, Emanuela, agente della scorta di Paolo Borsellino di Annalisa Strada

produzione Compagnia Eleonora Frida Mino

Eleonora Frida Mino torna in scena, traendo con Roberta Triggiani l’affascinante personaggio di Emanuela Loi dai suoi recital precedenti e dal romanzo di Annalisa Strada.

Se la poliziotta della scorta di Borsellino incarna il tema del coraggio, della lotta alla mafia, della strenua difesa dei diritti di deboli e indifesi, il punto di vista è quello della giovane Flo, che da tale tema trae la sua vocazione. La dialettica tra un personaggio di fantasia e un’eroina come Emanuela – simbolo della giustizia che sopravvive alle stragi mafiose – è il veicolo che permette a Eleonora Frida Mino di far passare il messaggio preciso dello spettacolo a una audience altrettanto specifica (il calderone identitario raggruppato sotto l’etichetta “adolescenza”).

In questa direzione muovono gli accorgimenti registici che accompagnano la narrazione evocativa con un colonna sonora fresca e accattivante; la prosa di Mino riesce ad esprimere con chiarezza cristallina l’oggetto della narrazione (o, per chiamarla altrimenti, la morale) anche in questa nuova veste fortemente adattato per un pubblico ben definito.

———

Patchwork

testo e regia Cristina Cazzola e Carol Cassistat

scritto in collaborazione con Lucio Diana

con Sara Zoia e Daniele Tessaro

scene e luci Lucio Diana

musiche originali Nicolas Jobin

produzione Segni d’infanzia Associazione e Théâtre du Gros Mécano (Québec City) in collaborazione con Accademia Perduta/Romagna Teatri, Atrium di Chaville (Parigi) e Museo Benaki (Atene)

L’incontro tra una donna italiana e un antropologo francofono è la semplice premessa per uno spettacolo che si annuncia subito per il forte accento visivo: la scenografia è significativamente dominata da una forte spinta verticale, con ombre proiettate di scale pieghevoli, a rappresentare l’ambientazione di un aeroporto.

Le difficoltà di reciproca comprensione tra i due personaggi (Sara Zoia e Daniele Tessaro) trova nell’espressione gestuale un terreno di incontro per comunicare: Patchwork è fin da subito la tessitura di un significato universalmente comprensibile a partire da molteplici punti di vista, ricostruendo le radici comuni.

La diversità delle coperte di lana realizzate in patchwork è in fondo la stessa dei melting pot che abitano un mondo multiculturale, disomogeneo e sfaccettato – la somma di singole parti che sono necessariamente diverse tra loro.

Ripercorrere le tappe di una cultura globale, alla ricerca delle ragioni per cui culture distantissime condividono significati analoghi, non è mai un’operazione banale: al taglio scientifico di stampo antropologico impresso nel testo, Patchwork aggiunge la poesia del teatro.

———

Il Barone di Munchausen

dal testo di Rudolf Eric Raspe e dai disegni di Lele Luzzati

adattamento teatrale e regia Tiziano Ferrari

con Valeria Barreca

scene Nicoletta Garioni

musiche Nicola Piovani

sagome Federica Ferrari e Nicoletta Garioni (dai disegni di Lele Luzzati)

costumi Tania Fedeli

produzione Teatro Gioco Vita

Dopo circa 40 anni, la compagnia Teatro Gioco Vita riporta sulla scena Il Barone di Munchausen, spettacolo di figura e di prosa dedicato alla vita del realmente esistito Karl Friedrich Hieronymus von Munchausen.

Valeria Barreca dà voce alle storie surreali che il Barone soleva raccontare, scandendone le fantasie con i genuini effetti speciali fatte di ombre, luci e specchi: i resoconti esagerati del personaggio storico si sposano alla perfezione con la forza evocativa delle immagini sagomate, accentuando le avvisaglia del Barone circa l’incapacità di distinguere il falso dal vero – già motivo di preoccupazione per gli atteggiamenti dei suoi contemporanei, oggi ragione di urgenza per il dilagante banalismo che un certo uso dei mezzi di informazione veicola e divulga.

Il linguaggio semplice e immediato del teatro di figura, inserito in una scenografia ludica come può esserlo la camera di un bambino (Nicoletta Garioni), premia una fantasia che solo la semplicità è capace di stimolare, ancora oggi che effetti speciali di qualunque natura minacciano di trasfigurare la nostra percezione della realtà.

———

Dame di Goldoni

di e con Daniela De Pellegrin e Maura Sesia

ideazioni costumi Daniela De Pellegrin

elementi scenografici Claudia Martore

per la voce di Goldoni si ringrazia Giorgio Lanza

tecnico audio e luci Renato Cavallero

dedicato alla memoria dell’attrice e giornalista Monica Bonetto

A cavallo tra i canoni della Commedia dell’Arte e il testo scritto di un copione anziché un semplice canovaccio, il teatro di Goldoni viene riletto da Daniela De Pellegrin e Maura Sesia in funzione del suo difficile rapporto con l’universo femminile.

Rappresentata come arrivista senza scrupoli o come partigiana femminista totalmente consapevole dei propri diritti, la donna in Goldoni è stata la probabile iniziatrice di un dibattito che, secondo le accurate ricostruzioni storico-drammaturgiche inscenate da De Pellegrin e Sesia, avrebbe poi portato alla maturazione di quel personaggio-maschera-stereotipo verso un più moderno e attuale character teatrale dalla forte introspezione psicologica.

Lo spettacolo dedicato all’attrice e giornalista Monica Bonetto si fa carne di queste due anime, quella dell’attante e quella dell’osservatore. Da una parte, le due interpreti caratterizzano marcatamente il divario tra discorso scenico e discorso accademico, restituendo a Dame di Goldoni un’ironia e un umorismo assolutamente non scontato; dall’altra, lo spettacolo dimostra di avere la forza della riflessione metateatrale, ammiccando giusto a una platea come quella del Festival GiocaTeatro che promuove l’incontro e il confronto tra chi osserva e chi fa.

A conclusione della prima giornata del Festival, Graziano Melano, direttore artistico della Casa Teatro Ragazzi e Giovani, ricorda la vita e l’opera di Giovanni Moretti.

Mancato proprio durante la mattina di ieri, il lascito di chi ha dedicato arte e opera al Teatro Ragazzi si propaga nella XXIII edizione del Festival GiocaTeatro.

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