di Giada Caliendo
Intervista a Massimiliano Gallo
protagonista di ‘Amanti’
una commedia brillante, coinvolgente, frizzante dal 23 al 26 gennaio al teatro la Contrada di Trieste e poi ancora in giro per l’Italia Attore da sempre, figlio d’arte, reduce dal grande successo televisivo della Rai “Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso” Massimiliano Gallo è ora nella bella ed asburgica Trieste.
Qual è la prima azione che fai quando entri nel teatro in una nuova città?
Un sopralluogo e un lavoro sugli spazi, sulla pianta del palcoscenico per poter gestire al meglio la scena. Ieri poi abbiamo debuttato alla Contrada, la prima è andata molto bene e siamo contenti. Soprattutto sono contento di essere tornato con il teatro a Trieste ed era tanto che
mancavo.
Vincenzo Malinconico a Salerno. Libera con Lunetta Savino a Trieste. Due grandi successi Rai, un avvocato ed un magistrato alla ricerca della verità. Cos’è per te la verità?
Vincenzo Malinconico è un uomo che si muove molto di sentimento, di cuore, di pancia poco con il portafoglio. E’ un bel personaggio, fuori
dagli schemi ed è stata una bella scommessa vinta dalla Rai. Io penso che la verità sia una cosa molto complicata da scoprire ed è soltanto per
chi si vuole impegnare un po’ di più per capire come va questo mondo perché oggi tra quello che ti propinano, quello che vogliono farti vedere e quello che non riesci a vedere perché censurato, parlare di verità mi sembra abbastanza fuori contesto, complesso. Devi davvero impegnarti e capire un po’ i meccanismi nei quali ti trovi però oggi è veramente complicato. Sembra quasi surreale parlare di verità oggi.
Cosa fai per entrare in un personaggio?
Mi piace molto essere spugna di quello che riesci ad impostare con un regista, con un contesto, e poi magicamente quando c’è la prova costume e indosso i vestiti di quel personaggio e me li sento bene addosso, allora immediatamente divento il personaggio. La prova costumi è fondamentale per un attore perché gli abiti possono essere anche molto belli ma se non li senti calzanti con te in quel personaggio non va bene. Al contrario quando sono quelli giusti inizio immediatamente a camminare e muovermi come il personaggio, ad esempio Pietro Tataranni non cammina come Vincenzo Malinconico. Non lo studio ma è come se andassi in automatico.
Che differenza c’è per te nel personaggio di una fiction e il protagonista di una commedia a Teatro?
Paradossalmente il ruolo teatrale è più facile perché ha un tempo conseguenziale che è tutto gestito nella durata della piece, invece per il
cinema o per la televisione si gira in tempi diversi, gestiti dalle esigenze delle location, e bisogna essere più nel personaggio e nelle dinamiche
degli avvenimenti. Quindi soprattutto per la fiction devi davvero avere presente psicologicamente quello che stai facendo ed è fondamentale il supporto della segretaria di edizione che ti orienta su cosa è successo prima rispetto a quello che devi girare anche se capita che nella stessa
giornata registri pezzi della puntata 3, 7 o 12. Quindi in quel caso ci vuole molto lavoro psicologico, perché vai a mille all’ora e devi sapere
da dove vieni e dove stai andando. I raccordi temporali e psicologici tra il prima e il dopo del personaggio te li devi fare tu, io trovo questo molto stimolante.
Nella tua carriera c’è un ruolo (a pensarci dopo) che avresti preferito non interpretare?
Fortunatamente ho sempre scelto abbastanza liberamente, nel senso che sceglievo d’istinto e questo mi ha portato a molti film indipendenti
che in sette anni mi hanno condotto, con 9 film, a Venezia. Quindi erano scelte fatte bene, fatte con il cuore. A volte si, rivedo delle cose e mi
dico “forse questo non lo rifarei” ma si tratta di un cinque per cento contro un novantacinque. Come diceva Gigi Proietti ‘Evviva il Teatro dove tutto è finto eniente è falso’
Domanda banale ma da manuale: cos’è per te il Teatro?
E’ casa, si casa, perché se vivo il set con grande interesse e con la curiosità di scoprire le cose, il teatro mi dà più la sensazione di una casa
in quanto sono molto più rilassato dietro le quinte. Come immagine è come se stessi con le pantofole poiché credo di riconoscere bene tutti i
meccanismi riguardanti il teatro sia quelli della recitazione ma anche quelli della messa in scena. I miei mi hanno dato un’impostazione molto rigida, per cui quando ero piccolo, prima ancora di diplomarmi, ho fatto il tecnico poi il direttore tecnico. Perché mi dicevano “se un giorno avrai una tua compagnia e un tecnico ti dirà che una cosa non si può fare devi sapere se è vera o no.” Questa è la più grande scuola che puoi avere.
Quindi il teatro è casa?
Si, casa dove giochi un gioco bellissimo in cui c’è un accordo non verbale con il pubblico in cui il pubblico sa che non sei il professore, sa
che non entri dalla strada ma da una porta di legno e sa che quel gioco deve essere fatto seriamente. La convenzione che tu crei con loro è che
loro fanno finta di crederci ma tu devi crederci perché il gioco deve essere fatto seriamente.
Come fai ad uscire dal personaggio e lasciare il costume di scena in camerino per indossarne un altro?
Trovo molto interessante il pensiero di Marcello Mastroianni, quando gli chiesero se sapesse che gli attori americani facessero il percorso
dell’immedesimazione, lui lo trovava folle perché anche lì c’è una scuola, una è quella della finzione totale per cui l’abilità dell’attore non
ha bisogno di immedesimazione perché deve fingere di essere un altro e poi c’è l’altra corrente. Marcello e molti attori francesi non fanno il
metodo perché ritengono che limiti la fantasia dell’attore, Mastroianni quindi si fece una risata dicendo “Ma che cos’è sta cosa, poi torni a
casa e ti porti il personaggio e tua moglie ti chiede che stai facendo”. Cioè è un bellissimo gioco che devi prendere per quello che è. Io faccio
una via di mezzo tra l’immedesimazione, soprattutto psicologica e poi è tutta finzione, è tutta tecnica e bravura. Non è qualcosa che devi per
forza portarti addosso.
Com’è quindi il lavoro dell’attore?
E’ un lavoro complicatissimo fatto per persone straordinarie che devono avere un computer che elabora un miliardo di informazioni in un nano secondo e poi ci devi mettere le emozioni dentro. Non deve passare l’idea che sia facile, soprattutto per i giovani, che basta l’immagine, non è un lavoro per tutti.
Ti faccio un’ultima domanda, “hai una lista di desideri?”
Credo di essere abbastanza centrato ed anche abbastanza realizzato nella vita privata e nel lavoro per cui non ho una lista di desideri. Se
però dovessi esprimere un desiderio chiederei di fare subito la terza fiction di Malinconico che è il personaggio che attualmente mi piace di
più. Ho realizzato già tantissime cose: 37 film, 25 serie tv, 3 opere di Eduardo De Filippo per la televisione “Napoli milionaria”, “Filumena
Marturano” e “Questi fantasmi”, sono abbastanza tranquillo. Poi porterò in scena, scritta a quattro mani con Diego De Silva, Malinconico,
un’opera realizzata per il teatro dal titolo “Malinconico moderatamente felice”. Quindi nella lista dei desideri mettiamo che questo diventi un
successo teatrale che rimanga nel tempo per tanti anni.
di Giada Caliendo