Il musical dedicato all'artista
Siamo in un Cafè Chantant parigino d’inizio secolo (o giù di lì). La scena è popolata inizialmente da un cameriere disilluso che fa i conti con i propri compiti, in attesa di chi animerà poi la scena: gli artisti. E si tratta di una scena suggestiva, ricca, accurata, capace di offrire pienamente quella dimensione da luogo di ritrovo e di scambio, artistico, musicale che sono stati per quasi due secoli quegli ambienti. Attorno all’area di ristoro, si esplicano le presenze di diversi musicisti, prima ancora delle cantanti, danzatrici e ballerini, dietro le quinte donne simili a cortigiane, colori sgargianti ed arredi voluminosi, visitatori, viandanti. Una volta penetrati all’interno del microcosmo del caffè, ci si rende effettivamente conto delle loro doti virtuose, canore e acrobatiche.
Ed è proprio all’interno di un ambiente stimolante, di fermento culturale come questo che un certo M. Louise Philippe (Andrea Ortis), antiquario colto, compagnia del cameriere prima ancora che degli avventori, profondamente appassionato alla vita del celebre pittore Vincent Van Gogh, comincia a frequentare con l’intento di rianimare un ambiente reso indolente dalle lunghe e vane attese. Sottobraccio ha un libro nel quale vi sono contenute le lettere che Vincent si scambiò con il fratello Theo. I sogni e i tormenti dell’artista s’intersecano così con le aspettative e le battute d’arresto di quel corpus di artisti che finalmente si rianima per dare corpo e fiato alle loro vicissitudini peculiarità espressive. La vivacità dei contributi musicali si alterna, integrandosi con sfavillante perizia tecnica e visiva, al succedersi sul palco, proprio di fronte gli interpreti, di immagini in 3D di alcune delle opere più significative del pittore olandese che come un mare in movimento, magnetizzano gli sguardi andando a coprire a ondate tutto lo spazio scenico.
Dietro agli schermi che si espandono fino ad un’apoteosi finale che è la parte più emozionante del grande show (con tanto di monologo da parte di Ortis), ad emergere sono soprattutto i personaggi femminili più forti e meglio definiti, quello di Madame Odile (Floriana Monici) e di Aline (Chiara Di Loreto). Cantanti e ballerine, donna matura che dopo un’iniziale reticenza, decide di lasciare il posto all’aspirante star, riconoscendole un talento. Un passaggio generazionale significativo, giostrato secondo le rime della commedia amorosa. Poi le lettere, la vita di Van Gogh, l’artista del titolo del grande show, ispirano e fortificano quelli che sono i contenuti primari, perché il suo percorso somiglia a quello di tanti artisti che aspirano ad un sogno condiviso, speso, con afflizione. Questa ardita impresa di coesistenza pittorica, musicale e teatrale, nella messinscena di un’aspirazione collettiva, nella sua magnificente congruenza audiovisiva, viene goduta solo in parte a causa di una prolissità (2h e 30m) che fatica a concentrarsi sull’essenza del messaggio principale, a causa di una regia che privilegia palesemente l’accademismo all’emozione dell’imprevisto, dando la sensazione del già visto a più riprese.
E in primis a ragione dimostrativa di un testo che sceglie di privilegiare i numeri di balletto – svolti come un compitino professionale reso quasi evanescente dai belletti e dai lustrini che si antepongono alla visceralità possibile delle emozioni in movimento – e le reiterate canzoni di Edith Piaf e Charles Aznavour, interpretate in maniera dimessa, a discapito dell’esplorazione della vita e dell’opera di Van Gogh. Al di là di alcuni difetti che impediscono un pieno godimento dei pregi, tutto sommato, “Van Gogh Cafè” risulta essere un apprezzabile tentativo di unione di quelle che per l’autore e attore principale Andrea Ortis, sono evidentemente delle profonde passioni: la Parigi bohemien e Van Gogh, unite ad un sensuale e coinvolgente intreccio di danza contemporanea e flamenco che di tanto in tanto risvegliano dal torpore accademico.
Girasoli, autoritratti, notte stellata, sentiero di notte in Provenza, il campo di grano con volo di corvi, possono essere apprezzate davvero, maestosamente, soltanto verso la conclusione del percorso, come una sorta di testamento. Ci si arriva talmente fagocitati da quella cultura parigina, da dimenticarsi quasi del valore magico e quasi surreale dell’opera pittorica, nonostante lo si sottolinei a più riprese, con uno stile recitativo sostanzialmente distaccato (forse perché così lontano nel tempo?). Messaggio e rivelazioni filtrate dentro l’opalescente, appariscente, sfoggiante compiacenza alto borghese che proclama ed elargisce contesti dinamici e tuttavia non sufficientemente vivi, da favorire un’immersione emozionalmente integrativa.
VAN GOGH CAFÈ OPERA MUSICAL
Una produzione MIC INTERNATIONAL COMPANY
Regia ANDREA ORTIS
Scritto e diretto da ANDREA ORTIS
Assistente alla Regia EMMA DE NOLA
Scene GABRIELE MORESCHI
Coreografie MARCO BEBBU
Arrangiamenti e Composizioni ANTONELLO CAPUANO
Orchestrazioni FRANCESCO COIA
Luci e Video VIRGINIO LEVRIO
Suono FRANCESCO IANNOTTA
Costumi MARISA VECCHIARELLI e MIRIAM SOMMA
Interpreti ANDREA ORTIS, FLORIANA MONICI, CHIARA DI LORETO, RAFFAELE FICIUR, LARA FERRARI, REBECCA ERROI, GIULIA MAFFEI, FEDERICA DE RIGGI, SERENA POMER
con Musiche dal vivo di ANTONELLO CAPUANO (chitarra), LEONARDO MAZZAROTTO (violino), ANDREA SALVADÈ (pianoforte/musette), MARCO MOLINO (percussioni), LORENZO MASTROGIUSEPPE (contrabbasso)
Dal 23 al 26 Gennaio al Teatro Brancaccio di Roma.