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Mia madre

Salvatore Longo
Ultima modifica: 1 Giugno 2015 09:40
Salvatore Longo
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fotoDopo quattro anni da Habemus Papam (2011), Nanni Moretti (Brunico 1953) torna a deliziare il pubblico di affezionati estimatori (ma anche gran parte della critica internazionale) del suo cinema ruvido, ironico e a tratti surreale con Mia Madre, un’opera profondamente intima, umana e commovente in cui rielabora il dolore per la perdita (ottobre 2010) della madre cui era molto legato per assonanze ideali e culturali.

Agata Apicella (questo il suo nome), insegnante di lettere al liceo si era anche prestata ad apparire in alcuni film del figlio: per esempio chi ha visto Aprile (1998) non può aver dimenticato la scena iniziale in cui Moretti è seduto davanti alla televisione con la madre che lo guarda con tenerezza consolatoria mentre commenta, deluso, la vittoria elettorale della destra.

Mia Madre si collega per tipologia di emozioni a La stanza del figlio (2001) in cui il regista altoatesino ha rielaborato un’altra dura prova che ha dovuto affrontare, ma il tono rabbioso che serpeggiava sottotraccia in quel film grande e doloroso è qui sostituito da uno più pacato in cui emerge il senso di smarrimento che colpisce tutti nel momento in cui ci si rende conto di stare per perdere per sempre questo fondamentale riferimento. Attimo descritto con grande delicatezza e sobrietà: “Margherita, mamma sta morendo” dice Giovanni alla sorella e in quella breve frase c’è la presa di coscienza non solo dell’ineluttabilità di quanto sta accadendo, ma anche e soprattutto di essere ormai soli dinanzi alla vita.

Film quindi psicologicamente intimo che inevitabilmente può far riviere sentimenti e commozioni a chi quel doloroso passaggio ha dovuto affrontare, ma non melanconico: anzi l’atmosfera è serena e lieve e sono molte le sequenze in cui si sorride o si ride.

E non si pensi che Moretti abbia rinunciato a osservare con occhio attento la realtà del nostro Paese: l’impegno civile si manifesta attraverso il film che sta girando Margherita su drammi fondamentali come la perdita del lavoro e la necessità per i lavoratori di ricorrere a forme anche estreme di lotta (l’occupazione della fabbrica) per cercare di difendere con il posto di lavoro la propria dignità e la possibilità di mantenere la famiglia. Emblematica è la figura di Barry Huggins (un ottimo e divertente John Turturro), esponente del gruppo americano che ha acquistato la fabbrica ed espressione di un capitalismo d’assalto la cui unica motivazione e unità di misura (al di là di una falsa bonomia e democrazia) è la massimizzazione del profitto e se per ottenerlo occorre distruggere la vita di decine o centinaia di persone pazienza (sono purtroppo molti gli esempi che si possono prendere dalle cronache su quanto avvenuto e avviene in Italia).

Mia Madre si sviluppa, infatti, su due piani: il racconto delle riprese e dei problemi del film che sta girando Margherita (notevole l’interpretazione offerta da Margherita Buy che torna a lavorare con Moretti dopo Il Caimano e Habemus Papam), proiezione al femminile del regista di cui riprende ironicamente alcuni vezzi e quello delle conseguenze che l’evolversi inesorabile della malattia della madre ha sui componenti della famiglia: i due fratelli Giovanni e Margherita e Livia (una spontanea Beatrice Mancini), la tredicenne figlia di quest’ultima.

Il personaggio di Margherita è reso splendidamente dalla Buy nella sua alternanza tra un persistente convincimento d’inadeguatezza (come regista, figlia, madre e moglie/compagna) e il contemporaneo sentirsi essenziale, unica che sa e può fare: il tutto si trasforma in una vita in corsa e stress perenni, espressione anche del dramma contemporaneo di essere sommersi dalla comunicazione e di non comunicare mai o di essere preda della solitudine e di non poter avere un momento per essere soli con se stessi.

Giovanni è il fratello (ottima la lettura di Moretti attore con una recitazione mai sopra le righe che ne rende pienamente dolcezza e determinazione) ingegnere che si licenzia per assistere la madre e per vigilare (angelo custode molto discreto, ma presente) sulla sorella che sta vivendo un momento difficile. Separata dal marito (che vive con la figlia), ha deciso di chiudere anche con l’attuale compagno: su questa situazione psicologicamente complessa si abbatte il dramma dell’irreversibile malattia della madre.

La madre è il fulcro, è a lei che fanno riferimento tutti e in lei (anche malata, anche ormai al termine di un cammino in cui si capisce che ha seminato molto e bene) trovano sostegno: Moretti non poteva scegliere attrice migliore di Giulia Lazzarini cui affidare l’immagine della propria madre e questa grandissima attrice del Teatro italiano lo ha ripagato con un’interpretazione favolosa e commovente (mai strappalacrime) dalla prima all’ultima scena.

Le ultime sequenze sono una memorabile rappresentazione del vuoto che lascia in ciascuno la morte della propria madre, dramma che può divenire occasione per scoprirne aspetti che non avevamo saputo percepire perché compiuti da lei con la discrezione, semplicità e naturalezza della normalità.

Un rimpianto, ma anche una grande consolazione.

———–

La scheda

Titolo originale: Mia Madre

Regia: Nanni Moretti

Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Valia Santella

Cast: Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Beatrice Mancini, Stefano Abbiati, Enrico Ianniello, Anna Bellato, Tony Laudadio, Lorenzo Gioielli, Pietro Ragusa, Tatiana Lepore, Monica Samassa, Vanessa Scalera, Davide Iacopini, Rossana Mortara, Antonio Zavatteri, Camilla Semino Favro, Domenico Diele, Renato Scarpa

Genere: drammatico

Origine: Italia

Anno: 2015

Durata: 106 minuti

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