TEATRO DELLA PERGOLA in scena il 17 febbraio
Filippo Timi ritorna alla Pergola con un personaggio che aveva già interpretato qualche anno fa (Favola andato in scena nella stagione 2014/2015 anche al Teatro della Pergola, diventando un piccolo cult cinematografico nel 2017 con la regia del marito Sebastiano Mauri): si tratta della casalinga anni’50 Mrs. Fairytale. Da un lato è come se fosse il secondo capitolo di una storia non terminata, dall’altra quest’ultimo spettacolo ha preso una vita tutta sua, è una costala autonoma di un’altra delle tante follie esilaranti dell’attore.
Protagonista è una donna non più nel fiore degli anni, casalinga, americana, la cui vita rispetta in apparenza (e solo in apparenza) la perfezione del modello americano di quegli anni: donna sottomessa, affettuosa, ben educata, ben vestita, brava casalinga, buona madre e moglie di un uomo narcisista, sicuro di sé e arrivista. Tuttavia la nostra Mrs. Fairytale nasconde, sotto l’apparenza, una vita molto diversa; abbandonata dal marito, senza figli che le portano una ciurma di nipoti al pranzo del Ringraziamento, sola con un cagnolino, non in carne ed ossa, ma di pezza, che le tieni compagnia e “l’ascolta” nei grandi vuoti di solitudine. E forse è proprio perché è di pezza che la sua cagnolina, Lady, è così perfetta nella sua incapacità di abbaiare, di sporcarsi nel fango del giardino, di non fare i suoi bisogni. La richiesta del modello America anni ’50 anche nel caso del cane viene assolto in modo perfetto: non conta quello che è, ma quello che appare, non conta quello che proviamo, ma quello che trasmettiamo attraverso il nostro modo di manipolare la realtà sottostando a regole che fanno della propria vita una prigione.
La protagonista ce la mette tutta per essere consona ad un modello preconfezionato, ma poi finisce con l’evadere da quella vita che l’ha resa profondamente infelice. E’ critica verso la madre razzista in un’America nella quale la segregazione razziale vede vittime e migliaia di partecipanti agli idioti atti di violenza del Ku Klux Klan.
Il sipario si apre con Fairytale che si ritrova a festeggiare il capodanno da sola, o meglio in compagnia della sua Lady. La scenografia è quella che abbiamo lasciato nello spettacolo Favola, il salotto di una casa borghese. Sul divano, noi lo vediamo ma Mrs. no, l’uomo invisibile.
Da questo momento lo spettacolo procede con una sequenza di battute esilaranti e sagaci. Tutta la pièce lascia spazio alla libera improvvisazione. Nonostante lo spettacolo sembri una parodia divertentissima del modello di vita anni ’50 in Occidente, dietro alle battute si nasconde un messaggio di critica ben sottile e raffinato. Diretta l’invettiva invece durante il monologo che vede sotto giudizio il nostro “qui e ora”. Sarebbe stato quindi apprezzato anche l’ardire di proiettare sullo sfondo immagini che riguardassero non solo le manifestazioni avvenute negli USA a metà del secolo scorso contro la segregazione, ma anche immagini del nostro presente e delle ingiustizie nelle quali ci imbattiamo adesso.
Questo secondo capitolo di Favola sicuramente vede la protagonista molto più consapevole e autonoma nello scegliere una strada personale che non sia una realtà bomboniera richiesta dalla società. Ne L’uomo invisibile infatti è come se il personaggio si fosse abbassato una maschera, avesse preso coscienza di sé e forza nelle proprie azioni; l’attore non indossa più la parrucca cotonata, ma questa viene tenuta in mano durante la maggior parte dello spettacolo, come se fosse arrivato il momento di mettersi a nudo.