Andato in scena presso il Teatro della Pergola di Firenze
L’ultima replica di Migliore, l’iconico monologo scritto da Mattia Torre per Valerio Mastrandrea, è andata in scena presso il teatro della Pergola di Firenze, raccogliendo l’ovazione del pubblico.
Mattia Torre, autore e regista scomparso nel 2019, noto per aver collaborato alla sceneggiatura della serie televisiva Boris e per aver scritto il programma televisivo Parla con me, ideò Migliore nel 2005, come confidò allo stesso Mastrandrea, per raccontare la storia di una persona buona che diventa cattiva e che, nel momento in cui diventa cattiva, ha un successo sociale molto forte; l’opera ha avuto grande successo e anche Paolo Sorrentino, vincitore del Premio Oscar con La grande bellezza, ha voluto omaggiarla con il riadattamento televisivo, per valorizzare e amplificare la cassa di risonanza sul suo teatro.
Valerio Mastrandrea, l’attore vincitore di quattro David di Donatello, si ripromette di curarne in futuro la regia teatrale e ricorda ancora affettuosamente l’animata discussione con Torre, durante la graduale costruzione della pièce, dicendosi convinto che fu quel particolare evento a suggellare la loro profonda amicizia, dotandola di una rara libertà di confronto.
Furono già le prime prove, nello stretto corridoio di casa Torre, a conformare la rigida ossatura coreografica del personaggio che, ancora oggi, nonostante la fisiologica maturazione del profilo caratteriale, resta, in questo aspetto, fedele ad allora, assegnando sempre alla voce di Mastrandrea l’intera dinamica espressiva della scena: la parola deve far vedere tutto, solo attraverso il racconto e sono, dunque, le calibratissime modulazioni tonali, insieme al tipico abbigliamento da impiegato, al disegno luci che anima il fondale di intensi rossi e freddissimi blu, a veicolare lo stato d’animo di immobilismo del soggetto e a movimentare le atmosfere della trama, accompagnata dalla musica originale di Giuliano Taviani che interviene efficacemente sulle battute, con ritmi sincopati e crescenti capaci di immedesimare completamente gli spettatori nel processo di formazione, tutto in salita, del protagonista.
La storia tragicomica di Alfredo ricostruisce meticolosamente la metamorfosi di un uomo fantozziano e kafkiano insieme, dedito ad accontentare gli altri, a costo di subirne l’arroganza e la prevaricazione, fino a quando, dopo un tragico incidente, un’anziana signora perde la vita a causa della sua disattenzione; questo spartiacque narrativo, accentuato dal buio improvviso sul palco, dalla neutralità della sagoma scura della vittima che precede il suo riscatto , stravolge la vita dell’impiegato vessato, che inizia a ribellarsi alle opprimenti dinamiche relazionali che lo hanno sempre costretto nella mediocrità di una vita al servizio dei più forti.
Alfredo, da vittima, si trasforma lentamente in un mostruoso carnefice senza scrupoli e senza rimorsi, ottenendo, sorprendentemente, il favore di tutti quelli che un tempo erano i suoi oppressori, che forse in lui si riconoscono; in una vendetta di impianto machiavellico, ma dai toni amletici, vista l’impossibilità di recuperarsi dal profondo senso di colpa per la morte dell’anziana signora, si prende una netta e crudele rivincita in campo sentimentale e professionale, con fredda risolutezza.
Il lavoro di Torre, che studiò sociologia ed ebbe l’esperienza di volontario in un campo profughi in Albania, ha una particolare caratura psicologica, testimonia una lucida osservazione della realtà, come fonte primaria di ispirazione e si dedica ad analizzare il ruolo remissivo della vittima nella società; senza pietismi, riesce a drammatizzare i tratti narcisistici che spesso, insospettabilmente, sono alla radice della ricerca di approvazione e del sacrificio come stile di vita e che indicano, certo, un profondo turbamento.
La morte accidentale della signora soccorsa da Alfredo, malgrado il ripetuto rifiuto della stessa di essere aiutata, rompe gli equilibri e la concezione ideale della parte interpretata, in un finissimo esercizio metateatrale, poiché priva il protagonista della sua identità salvifica, delle sue credenze, del suo senso di controllo , del suo senso di onnipotenza; cede un’ intera struttura di personalità, portando alla luce autentici stati d’animo sempre covati, risentimenti inespressi e una sete di potere spietata.
Alfredo, quando non può più migliorare la vita degli altri, inizia a dedicarsi ad essere il migliore, secondo una visione che denuncia aspramente i criteri attuali di realizzazione sociale; Mastrandrea porta a termine questa ventennale prova attoriale con l’estrema consapevolezza di questo messaggio e con una padronanza altissima, capace di catturare l’attenzione del pubblico fino a guidarlo, a farlo suo, a dirigerlo, a portarlo dalla parte del carnefice, come può solo un abilissimo manipolatore.
Migliore
con
Valerio Mastandrea
scritto e diretto da
Mattia Torre
Musiche originali di Giuliano Taviani
produzione
Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
foto
Arianna Fraccon