SULLA MORTE SENZA ESAGERARE
TEATRO PUCCINI
In scena venerdì 31 GENNAIO
Il Teatro dei Gordi ritorna sul cartellone del Puccini anche in questa stagione con uno spettacolo originale, e non solo, perché tratta di un argomento troppo tabù, quello della morte.
Il regista della compagnia, Riccardo Pippa, mette in scena uno spettacolo senza dialoghi, con le maschere, che trae spunto da una lirica, omonima dello spettacolo, della bravissima poetessa polacca Wisława Szymborska. Il risultato è uno spettacolo ironico, dissacrante e divertente sul rapporto tra l’;uomo e la morte; onnipresente, essa ci accompagna nelle nostre vicende giornaliere, fin dalla nascita, ed è come se ci cullasse e ci accompagnasse nella crescita. A volte si avvicina lei a noi ma riusciamo ad evitarla, a volte ci avviciniamo noi a lei, a volte inutilmente cerchiamo di schivarla, ma nessuno ha scampo e prima poi è inevitabile l’arrivo al suo cospetto.
Scriveva la Szymborska a proposito della partecipazione a un funerale ‘così all’improvviso, chi poteva pensarlo, lo stress, le sigarette, glielo dicevo anche per il fratello fu il cuore, dev’essere di famiglia, tu sola hai avuto l’idea di prendere l’ombrello. Commenti, pensieri sparsi, talora anche egoistici.’
La morte non chiede il permesso, non guarda il curriculum e neppure le virtù di una persona. Colpisce a caso e quando le aggrada. Certo non tutte le età le sono favorevoli.’
Sulla scena, una panchina e un lampione, questa risulta essere la sala d’attesa per l’Aldilà. Delle campane suonano nel momento fatale attraverso una corda invisibile tirata dalle mani maldestre di una Morte che non sempre riesce a svolgere il suo lavoro con abilità e credibilità. A rendere ancora meno credibile questa Morte, impersonata da una maschera scheletrica con abiti di un vecchio impiegato con un cappuccio nero, è l’arrivo a metà spettacolo di una giovane morte che mette in pensione la vecchia. L’;assurdità della vicenda ha il suo culmine all’arrivo di un angelo vestito da operaio che ha il compito di aggiustare le campane e altri piccoli guasti.
Davanti alla Morte si ritrova, per ben tre volte, un imbranato e potenziale suicida che non riesce a portare a termine il fatale gesto finale, una prostituta in una notte di bagordi, un rider dopo un incidente, un anziano accompagnato dalla moglie. Il vero protagonista dello spettacolo è la maschera, quella indossata dai quattro attori, ma anche quella metaforica indossata da ogni individuo, quella che scegliamo di indossare in base al ruolo che la società ha scelto di assegnarci. Solo nel momento della morte la maschera viene tolta, sotto il viso gonfio e rugoso di un vecchio, quello giovane dell’attore e presumibilmente del personaggio che abbandona le stanchezze e i fardelli della vita per ritrovare a sua primordiale essenza. Nonostante l’utilizzo della maschera, gli attori sono riusciti, attraverso l’uso del corpo soprattutto, a sopperire l’assenza di mobilità facciale; anzi, sono riusciti a trasmettere una miriade di sfaccettature emotive e intenzionali. La maschera diventa un oggetto vivo, un mezzo potente per accentuare l’intenzionalità del personaggio. Il risultato è un legame forte che si crea durante lo spettacolo, non solo tra maschera ed attore, ma anche tra maschera e pubblico, un connubio celebrato a fine spettacolo nel momento in cui i quattro interpreti, in modo molto generoso, hanno dato la possibilità a chiunque lo volesse di toccare e vedere da vicino le molte maschere, ormai inermi e prive di vita.