Il successo dell’allestimento minimalista di Pierre Audi diretto da Rinaldo Alessandrini con Mariangela Sicilia e Carlo Vistoli
L’amore, la magia, le illusioni sono al centro della meravigliosa Alcina di Händel, capolavoro barocco del 1735 al “debutto” della Teatro dell’Opera di Roma.
Uno spettacolo che si conferma come uno dei migliori della stagione in corso nel prezioso allestimento di Pierre Audi (del 2015) realizzato in collaborazione con De Nationale Opera di Amsterdam e la sublime direzione musicale dello specialista Rinaldo Alessandrini sul podio dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.

Sempre autorevole la direzione di Alessandrini che lavora con l’Orchestra (ridotta per l’occasione) esaltandone la duttilità ottenendo un’interpretazione perfettamente calibrata fra il rigore e la sensibilità, mettendo in evidenza tutta la ricchezza della partitura e sempre a sostegno delle voci.
Al rigore musicale, ma ovunque intriso di pathos, si accosta la bellissima messinscena di Pierre Audi che riesce a sviluppare l’elemento magico sul piano dell’interiorità.
In effetti tutto sembra essere illusorio sull’isola magica di Alcina dove viene mostrato quello che non è la realtà, ma l’illusione della realtà: l’allestimento è volutamente minimalista ed essenziale nella riproduzione attenta di un Settecento raffinato ed elegante con i magnifici costumi di Patrick Kinmonth (senza crinoline o fronzoli) e nella scena unica (sempre di Kinmonth), evidente omaggio-citazione alle mirabolanti quinte dipinte del Barocco, fra foreste e nuvole, e che nel corso dell’opera si rovescia per mostrare il lato nascosto delle illusioni.
Solo alla fine, con la distruzione dell’isola e il disfacimento della magia di Alcina, il crollo del suo mondo, la scena si ribalta mostrando uno spazio reale dove gli ex amanti di Alcina recuperarono le loro sembianze originali. Solo in questo momento i personaggi appaiono realmente per quello che sono, nella varietà della loro sofferenza e della emozioni umane. In scena non c’è nulla, al massimo una sedia, per lasciare spazio alla musica e alla precisione della recitazione, che resta con la musica il cuore dell’opera.

L’allestimento prezioso ed essenziale di Audi riesce a mostrare il grande teatro di Händel che nella sua realtà commuove e che non è affatto decorativo, ma emotivo.
Protagonista di una dramma che ruota intorno elle relazioni umane sono le emozioni umane e soprattutto l’amore che viene declinato in ogni sua forma, dall’amore illusorio a quello reale, dall’amore corrisposto all’amore negato a quello non corrisposto. Le ricche arie con i daccapo con le infinite variazioni vengono poi impreziosite da una formidabile Mariangela Sicilia nel ruolo di soggiogante e luminosa Alcina, dotata di un bellissimo timbro di voce dalle mille coloriture, ma altrettanto formidabile è Carlo Vistoli, star del Giulio Cesare di Handel, controtenore nel ruolo di Ruggiero, appassionato e sempre ricco di espressività timbrica. A fare la differenza poi, l’impeccabile recitazione.
Anche il resto del cast è sempre adeguato; convince la mezzosoprano Caterina Piva, nel ruolo en travesti di Bradamante/Ricciardo al debutto all’Opera, brava la specialista, Mary Bevan che interpreta Morgana, la sorella maga di Alcina, convincono Silvia Frigato come Oberto, Anthony Gregory nelle tre arie di Oberto e Francesco Salvadori come Melisso oltre naturalmente al Coro, sempre imponente, di Ciro Visco.
Un grande allestimento salutato con entusiasmo dal teatro affollatissimo con calorosi applausi soprattutto alla Sicilia, Vistoli, e ad Alssandrini.
Fabiana Raponi