Apertura di stagione trionfale per la nuova stagione del lirico capitolino con la direzione di Michele Mariotti, Luca Salsi ed Eleonora Buratto nel cast
Con il trionfo del Simon Boccanegra di Verdi diretto da Michele Mariotti, il Teatro dell’Opera di Roma inaugura con successo la nuova stagione 2024/2025 I volti del potere: un titolo di certo non casuale per il nuovo allestimento capitolino con la regia dell’inglese Richard Jones che convince pienamente il pubblico.
Michele Mariotti, sul podio dell’Orchestra romana aveva parlato di un “mare, universo liquido onnipresente sullo sfondo di una Genova in tumulto e nel riflesso dell’animo inquieto dei personaggi” nel Simon Boccanegra, partitura a lui nota e a cui ritorna dopo quasi venti anni rivelando una direzione matura ed energica, analitica, ma tratteggiando toni chiaroscurali rileggendo con elegante sottigliezza la partitura e la molteplicità delle sfumature psicologiche dei personaggi in scena.
È uno spettacolo malinconico e dai colori tetri il Simon Boccanegra del nuovo allestimento dell’Opera che illustra il drammatico, ma moderno l’intreccio fra il sistema di potere e la crisi degli affetti familiari.

“Simon Boccanegra è una sorta d’intensa rappresentazione della malinconia e tale sentimento mi ha fatto pensare alle privazioni dell’Italia negli anni successivi alla guerra, subito dopo la caduta del Fascismo” spiega Richard Jones, pluripremiato regista inglese che si misura per la prima volta con l’opera verdiana da cui si dichiara totalmente affascinato.
Il regista pensa a un allestimento che attraversi i secoli, senza ancorarsi storicamente alle Genova del Trecento, ma ambientando il dramma in una sorta di Genova degli anni Cinquanta, che tuttavia resta quasi atemporale nella sua gravità e nel suo messaggio antibellicista.
Scene e costumi, molto minimalisti, sono affidati a Antony McDonald che pensa ad abiti stile Anni Cinquanta, eccezion fatta per i preziosi mantelli del Doge in Consiglio e a scene scarne che ricordano la celeberrima Piazza d’Italia di Giorgio De Chirico con lunghi e sinistri loggiati sottolineati sempre dal tetro disegno luce di Adam Silverman. La regia di Jones resta asciutta (e lontana dalle abbaglianti invenzioni di Káťa Kabanová o Dama di picche), senza particolati invenzioni o forzature sul dramma verdiano, con il mare, grande protagonista, che resta solo evocato in fondo dal faro, ma punta a sottolineare quelli che diventano i due momenti chiave, particolarmente importanti da un punto di vista drammaturgico, prima il ritrovamento di Simone della figlia Amelia, poi lo sgomento scoperta di Adorno che la ragazza è la figlia e non l’amante del Doge con evidente sgomento.
Resta musicalmente e visivamente molto potente da un punto di vista emotivo anche la fine del prologo che segna il dramma di Simone, eletto Doge dal popolo subito dopo aver scoperto la morte dell’amata.

A regalare intensità emotiva al dramma sono anche le voci, in perfetto accordo con l’Orchestra.
Il baritono Luca Salsi, magnifico interprete verdiano, si conferma immenso Simon Boccanegra, che oscilla fra l’autorevolezza del Doge e i toni affettuosi nei confronti della figlia.
Magnifica l’Amelia di Eleonora Buratto (anche Tosca nell’inaugurazione di stagione a Santa Cecilia), luminosa e intensa, di sublime vocalità accanto all’Adorno di un convincente Stefan Pop.
Grandioso Michele Pertusi nella sua interpretazione dell’austero e Fiesco, potente il tremendo Paolo Albiani di Gevorg Hakobyan. Applausi al cast e all’eccellente Coro preparato da Ciro Visco che segnano il promettente inizio di una nuova stagione ricca di proposte.
Fabiana Raponi