Al Teatro Argentina di Roma fino al 17 aprile 2025
Quando il romanzo rivoluzionario dell’icona queer Pedro Lemebel “Tengo miedo Torero” debuttò nel 2001, fu salutato come un romanzo ironico e graffiante sulla passione in mezzo alla rivoluzione, in cui si intrecciano riflessioni politiche e una storia d’amore iniziata con un timido corteggiamento tra una ex prostituta queer e un giovane rivoluzionario nel Cile di Pinochet.
Lino Guanciale interpreta la “Fata dell’Angolo”, una figura di donna “en travesti” civettuola ma irresistibile, che ricama lenzuola per le mogli dei generali dell’esercito cileno, canta ballate d’antan e sogna l’amore. In apparenza priva di interesse verso la politica, vive in un edificio fatiscente che ha decorato “come una torta nuziale” circondata dall’affetto e dalla protezione delle sue amiche, “La Lupe” e “La Rana”, interpretate da due straordinari attori, Daniele Cavone Felicioni e Michele Dell’Utri.
Per caso, incontra un giovane che afferma di essere uno studente universitario e le chiede se può conservare i libri a casa sua e magari studiare lì. Affascinata dal suo aspetto e dai suoi modi gentili, La Fata accetta, scegliendo di non vedere la realtà della situazione; Carlos è un nome di copertura, sta usando la sua casa come un rifugio sicuro, una base da cui pianificare l’attentato a Pinochet. Siamo, infatti, nella Santiago del Cile del 1986, negli ultimi giorni della dittatura: le strade sono inondate di gas lacrimogeni e disseminate di resti di proteste antigovernative.
L’adattamento teatrale di Alejandro Tantanian e del regista Claudio Longhi, mantiene al centro della storia la nascente storia d’amore tra la Fata e il giovane attivista politico Carlos, il quale si lascia corteggiare e desiderare, trascinato in un sentimento in cui tutto ciò che conta davvero è la superficie glamour. La Fata invece nutre nei suoi confronti un amore puro e misterioso, una passione forte abbastanza da trasformare la sua vita, pur rendendosi conto che l’amore non obbedisce alle sue aspettative.
Non è un dramma sentimentale ma è profondamente romantico. In effetti, lo spettacolo trabocca di illusioni giocose e invenzioni creative. Carlos è affascinato dal modo in cui La Fata abbellisce “anche il momento più insignificante”; quando gli organizza una festa di compleanno, invita tutti i bambini del quartiere a prendere cioccolata calda e una fetta di torta, proprio come fanno a Cuba, la patria spirituale della rivoluzione comunista in America Latina. Azione e riflessione sono tenute in un sapiente equilibrio con dettagli cruciali nascosti nel mezzo di frasi modeste e momenti di umanità concessi persino a Pinochet.
Sebbene la Fata e Carlos sappiano che la loro relazione non potrà mai concludersi, sia a causa del clima politico che delle loro sessualità discordanti, ciononostante si danno reciprocamente bellezza, speranza e coraggio in mezzo agli orrori circostanti. In quanto tale, “Ho paura torero”, che prende il nome da un verso della canzone popolare cantata da artiste come Sara Montiel e Lola Flores, offre uno studio sulla resilienza, mostrando come non solo sopravvivere alla tirannia di uomini viziosi, ma anche all’illusione amorosa, “Ho paura torero, ho paura che stasera il tuo sorriso svanisca”.
Roberta Daniele